Un grande Sheikh del Nord dell’India, Khwaja Muhoinuddin Chisti (1141-1230) (il suo segreto sia santificato), un giorno ricevette una lettera dal maharaja del luogo, nella quale egli diceva di aver sentito parlare di lui, che era curioso di incontrarlo, e che l’indomani l’avrebbe atteso a palazzo. Lo Sheikh in risposta pregò il messaggero di riferire al suo signore questo messaggio: «Un re non si reca mai in visita da un mendicante, è il mendicante a dover andare dal re».
Il sovrano nell’ascoltare la risposta, andò su tutte le furie ed esclamò: «Ah, va bene! Allora sarò io ad andare da quell’insolente. Ci andrò con il mio esercito e gli taglierà la testa! Merita proprio una bella lezione che sia di monito a tutti!».
Al tempo, mozzare la testa di un suddito disobbediente era cosa da nulla. Il maharaja si mise dunque in viaggio con il suo esercito e una volta arrivati a una ventina di miglia dalla città dello Sheikh, d’un tratto il maharaja fu sopraffatto da una pressione indescrivibile che lo fece cadere dall’elefante e lo schiacciò a terra a pancia in giù. Era una forza magnetica potentissima e irresistibile. Dovette proseguire il suo viaggio in quel modo, strisciando sul ventre. Ci mise due settimane per arrivare a destinazione. Finalmente, lacero e senza più forze, si presentò al cospetto dello Sheikh.
Questi, seduto in riva al lago, lo accolse con amabile gentilezza. L’esercito del maharaja era interdetto, guardava confuso, ma anche trepidante in attesa di sentire quale tipo di comando sarebbe giunto dal loro re che si presentava allo Sheikh in modo tanto umiliante.
Lo Sheikh iniziò allora a cantare Allah Hu! (Lui è Allah) Allah Hu! Allah Hu!» e ad ogni Hu si creavano enormi onde sulla superficie del lago che s’infrangevano sull’esercito spazzandolo via. Al che lo Sheikh si rivolse al sovrano dicendo: «Guarda come il lago ti ha accolto, ha voluto offrire un po’ di refrigerio ai tuoi soldati».
Il maharaja in quel momento si buttò ai suoi piedi, appoggiò la testa sul grembo dello Sheikh che iniziò ad accarezzargli dolcemente la testa dicendo: «Oh mio grande Sultano, cosa cerchi? un padre? io sarò tuo padre, una madre? io sarò tua madre. Un figlio? io sarò tuo figlio, cerchi un innamorato? io sarò quell’innamorato. Qualunque cosa tu stia cercando io lo sarò per te. Non ti devi preoccupare, Allah ti perdona».
Quello stesso giorno milioni di persone nel paese abbracciarono l’Islam seguendo l’esempio del sultano. Fu così che il Nord dell’India al tempo dei Mogul diede vita a un periodo di mirabile splendore, dove l’Induismo e l’Islam si fusero in un’esplosione artistica e architettonica di ineguagliabile maestosità e dolcezza, perfezione e intelligenza, bellezza e profondità rare al mondo.