Storia sufi: Il passero e l’usignolo

C’era una volta una coppia felice. Nella loro unione regnava l’amore, quello vero. La mattina, quando si alzavano, si baciavano la mano a vicenda. Facevano colazione insieme, si versavano il tè e si chiedevano come avessero dormito, se avessero fatto dei bei sogni.
Vivevano in una bella casa con il giardino, e quando il marito usciva per andare al lavoro, la moglie pregava due rakat per benedire la sua giornata. Si chiamavano con nomi dolcissimi: «Mio fiocco di neve», «Mia goccia di miele»… Un giorno l’uomo, di ritorno a casa, fece come di consueto una passeggiata in giardino. Trovò un uccellino ferito, lo prese, lo portò a casa e lo mise in una gabbietta in soggiorno. Chiamò la moglie e le disse: «Guarda, cara, ho trovato un usignolo in giardino, sono proprio felice di averlo salvato».
Il giorno dopo i due si alzarono come al solito, dolcissimi e innamorati, ma prima di fare colazione l’uomo andò vicino all’usignolo per salutarlo. Alla sera, quando rientrò, invece di salutare per prima la moglie, come era sua abitudine, si recò subito dall’usignolo. Da quel momento i due cominciarono ad allontanarsi. Quella sera dormirono insieme, come sempre, ma senza tenersi per mano come facevano di solito. Pian piano, la moglie sciolse le sue dita da quelle di lui.
La mattina, per la prima volta, si dimenticò di baciare la mano del marito. E anche lui, tutto dedito all’usignolo, trascurò di baciare la mano della moglie. Quel giorno si dimenticarono anche di versarsi il tè a vicenda, e l’uomo iniziò a leggere il giornale a tavola prima di alzarsi e andare al lavoro. Passarono così due giorni, finché una sera la moglie volle parlare chiaramente al marito: «Quel passero se ne deve andare. A che serve? Non fa che sporcare…». «Ma non è un passero», rispose l’uomo, «è un usignolo, e canta meravigliosamente!». «Non lo voglio qui», disse lei, «è solo un passero, sporca e gracchia orribilmente… portalo via». «Visto che ti ostini a chiamare passero il mio bell’usignolo, questa notte non condividerò il letto con te, dormirò in soggiorno».
«Fa’ quello che ti pare, dormi pure col tuo stupido passero», rispose lei stizzita. La mattina seguente non si salutarono neppure. Lui si nascose dietro il giornale e lasciò la casa in silenzio. La moglie non pregò per il marito che alla sera, di ritorno dal lavoro, dedicò il suo primo sguardo all’usignolo. Con sorpresa, tuttavia, trovò la gabbia vuota.
«Ma dov’è il mio usignolo?» chiese alla moglie. «Vuoi dire quello sporco e inutile passero?» rispose lei. «Be’, ho aperto la gabbietta e l’ho lasciato libero». «Cosa? Questo è troppo, il mio bell’usignolo… Tra noi è finita…».
Da quel giorno non si parlarono più. Lui dormiva da solo in soggiorno, lei non lo degnava di uno sguardo, ognuno faceva la sua vita.
Un bel giorno la donna andò dal marito e gli disse: «Sai, oggi mi è venuto in mente il tuo bell’usignolo… Penso proprio che tu avessi ragione, era un usignolo, non un passero». «Sai, cara», replicò lui, «in realtà, anch’io stavo pensando che avevi ragione tu, il mio uccellino era solo un passerotto, ed è stato un bene che se ne sia andato. Mi spiace di averti sgridata». «Oh no, scusa tu, mi sono sbagliata, era proprio un bell’usignolo e cantava meravigliosamente». «Mia cara, chi se ne importa di quel passero, sono così felice di vederti e sentire di nuovo la tua voce, di stare insieme a te. Sei tu il mio uccellino del paradiso, dimentichiamo quello stupido volatile».
Quella notte dormirono di nuovo insieme, mano nella mano. La mattina seguente si baciarono, si guardarono negli occhi e si ringraziarono a vicenda per essere di nuovo in armonia, per aver superato insieme quel momento difficile. Si versarono il tè, si chiesero come avessero dormito, se avessero fatto bei sogni. Quando l’uomo uscì di casa, la moglie pregò per lui, e al suo rientro lo accolse con dolcezza…

Qual è la morale della storia? Avere ragione non conta niente, se non c’è l’amore. Per questo, i dervisci amano ripetere che l’altro ha sempre ragione. Tener vivo l’amore, ecco l’unica cosa che conta. Amo molto questa storia perché mostra con grande chiarezza come ci comportiamo di solito. Custodiscila nel tuo cuore, e rammentala quando sarà il momento.
Nella tradizione amiamo trasmettere gli insegnamenti attraverso le storie. Perché sono semplici, vicine, le puoi abbracciare. La storia è come il castone di un anello.
Se ti offro solo la pietra preziosa non puoi indossarla, portarla con te. Ma se te la dono montata su un anello, puoi metterla al dito e guardarla, ricordarla ogni volta che ne avrai bisogno.

Sheikh Burhanuddin Herrmann