C’è una grande differenza tra credo e fede.
Il credo è qualcosa che prendiamo da qualcuno, non è la nostra esperienza reale in prima persona.
Una goccia non sa, non vede, invita l’altra a credere nell’oceano, ma nessuna delle due si è mai tuffata nelle sue acque. Esse rimangono separate tra loro.
Il credo ha sempre dei limiti perché nasce nella mente; e la mente, si sa, vuole dividere, separare, mantenerci nel giudizio, non nella verità. Ciò significa isolamento, incompatibilità.
Se una persona vede che il muro è giallo, dirà che è giallo; se possiamo vederlo anche noi, non avremo bisogno di credere a quello che lui dice, lo vedremo anche noi. Se invece non possiamo vedere i colori e lui parla del giallo, non ne faremo un’esperienza diretta, potremo solo credere alle sue parole.
«Chi sa, sa, e a chi non sa non puoi spiegare, perché egli deve vedere per capire», diceva Bayazid Bistami (il suo segreto sia santificato) uno dei grandi Sheikh del nostro ordine.
Il termine kafirun, erroneamente tradotto con «infedele», significa «essere coperto», «velato alla verità». Si riferisce a chi è avvolto dal suo credo, chiuso nei propri pensieri e opinioni: vorrebbe credere ma non può toccare la verità direttamente.
La fede è qualcosa di completamente diverso dal credo: nasce nel cuore. Chi prende la verità da un altro e ci crede senza poterla vedere, arriverà a un punto in cui dovrà difenderla o lottare per essa. In questo modo corre il rischio di diventare fanatico o violento. Chi invece cerca la verità e i modi per sperimentarla, sull’esempio di chi l’ha fatto prima di lui, rischia di diventare un innamorato. Questi sono i mistici.
Solo i mistici di tutte le tradizioni non discutono tra di loro, vanno sempre d’accordo, perché fanno esperienza, vedono e parlano della medesima cosa. Quando si incontrano non è certo per un incontro inter-religioso, ma per pregare insieme.
La questione non è tanto accettare o non accettare un credo, quanto abbracciare un sistema che sia vivo attraverso il quale fare esperienze sotto la guida di chi sa e vede, il maestro.
Allora diventa possibile diventare quella verità e trasmetterla ai propri figli e agli altri intorno a noi, non prima.
Nel sacro Corano Allah dice: «Abbiate fede o gente». Significa: «Sentite che nel vostro cuore c’è qualcosa di più grande, confidate che al di sopra di voi esiste un piano amorevole che ricopre ogni cosa.
Dovete avere fede in quel principio, contro ogni ragione. C’è un Padre che vi ha portato qui e che si prende cura di voi, non potete lontanamente immaginare quanto».
Ci sono eserciti di angeli che si rivolgono a noi costantemente con questo messaggio. Bisogna guardare nella direzione giusta per poterlo ascoltare.
Non possiamo conoscere la verità se non è dentro di noi. Perché deve risuonare all’interno del nostro cuore, come una musica. Non dobbiamo essere l’eco della verità di qualcun altro.
Possiamo ricevere ispirazione dagli altri ma dobbiamo fare in modo che diventi vera per noi, per il nostro cuore. Solo allora ha un potere. Altrimenti non possiamo camminare insieme.
L’invito è a individuare il profeta al quale ci si sente più vicino e abbracciare la sua tradizione: si potrà ricevere la luce nel cuore per vedere.
Se tutti ci parlano del miele e non l’abbiamo mai assaggiato come possiamo conoscerlo? In verità, quel sapore ci è già stato dato ma l’abbiamo dimenticato.
Nella via Sufi abbiamo uno strumento potente per ricordarcelo: lo dhikr. Dopo un certo numero di ripetizioni dei Nomi divini, si può avere letteralmente il sapore del miele sulla punta della lingua. Si può avere fede solo attraverso un’esperienza diretta di Dio.
Tutte le religioni hanno fallito perché si sono fermate al credo, hanno smesso di cercare l’esperienza. Esse si combattono e portano divisione perfino all’interno di una stessa confessione religiosa.
Ci sono milioni di fedeli che credono l’uno l’opposto dell’altro: alcuni credono in milioni di divinità, altri in un Dio unico, altri ancora non credono in alcun dio. Se il credo fosse vero, e quindi uno, dovrebbero tutti credere nella stessa cosa.
Il credo è un modello che si avvicina alla verità; è l’invito che può essere d’aiuto all’inizio, ma dopo bisogna proseguire oltre per arrivare alla conoscenza diretta. Solo allora ci trasformiamo in esseri umani. Il credo da solo non ci rende tali.
Il militare che sganciò la bomba su Hiroshima era un credente; anche coloro che si fanno esplodere causando stragi in medio oriente sono convinti di essere dei buoni credenti. Ma di sicuro nessuno di loro ha mai letto i testi sacri, perché tutti lo vietano. E nessuno di loro non è neppure un mistico che vede, altrimenti saprebbe che portare via la vita è il peccato più grande che si possa commettere e va contro il volere di Dio.